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Meglio restare a casa?

di Bernd Faas

L’estero non è adatto a tutti.  Non è per niente sufficiente essere attirati dal lavoro o dallo stage oltre confine, neanche quando si è carichi di motivazione.  Varie sono le situazioni nelle quali mancano i presupposti basilari.

La situazione più evidentemente azzardata è quella di una persona che vuole un lavoro qualificato ma non conosce la lingua locale.

Un datore di lavoro paga solo se la persona è in grado di svolgere la mansione al 100%. E se questa mansione riguarda la vendita in un negozio o l’amministrazione in un ufficio, non si riesce a produrre niente senza un buon livello di lingua.

Altra situazione in cui la riuscita è a grave rischio, è quella di una persona senza un po’ di risparmi in tasca. Può anche essere che il tasso di disoccupazione sia basso, ma occorrono sempre da una a due settimane prima che si cominci a lavorare e qualche altra settimana prima che arrivi il primo stipendio. Nel frattempo si deve dormire, mangiare e pagare il trasporto locale. Si arriva in un baleno a spendere 2.000,00 € senza vedere ancora all’orizzonte la prima busta-paga.

La ragazza che va alla pari all’estero per sperimentare una nuova vita, potrebbe essere molto delusa, perché trova poca differenza tra quella che conduceva con la propria famiglia e quella che trova poi nella famiglia ospitante.

L’ingenuità è una brutta bestia. Se lo stagista si aspetta di essere seguito continuamente da un tutor senza che lui stesso si dia da fare, significa che non sa come gira il mondo. Si troverà messo in un angolo a battere sulla tastiera e a sbrigare commissioni rifiutate dai colleghi. Dei suoi obiettivi circa la pratica linguistica e l’applicazione degli studi rimane poco, perché senza autonomia e spirito d’iniziativa non si va avanti.

Perfino il comfort a cui si è abituati può ostacolare la buona riuscita. Condividere con un estraneo la camera e il bagno, doversi accontentare di un fornellino per preparare i pasti, non avere la televisione: sono piccole ma determinanti situazioni che si verificano spesso, almeno nelle prime settimane quando uno deve accettare tutto per trovare un posto dove dormire. Chi non è pronto a questa sfida, potrebbe essere costretto a tornare prima del previsto, senza aver raggiunto l’obiettivo e avendo perso tempo e parecchi soldi.

Per non parlare della socialità di cui tutti abbiamo bisogno. Fuori non ci sono gli amici dell’angolo o del sabato sera. Ci vuole tempo per integrarsi e trovare un giro di conoscenti e amici con i quali trascorrere il tempo libero. Il periodo iniziale all’estero è afflitto da molti momenti di solitudine, che devono essere superarati tenendo duro. Forse facendo qualche telefonata a casa, ma non molto di più.

Un periodo all’estero non è adatto a chiunque e non è neanche indispensabile per essere felici ed avere successo.
L’importante è avere un’idea realistica di sé stessi e delle proprie competenze. Messi insieme gli obiettivi da raggiungere, si fa la verifica dell’attività più congeniale: il lavoro, lo stage, il volontariato , lo studio.

Non è detto che, scartata un’attività, si deve per forza stare a casa. Ci possono essere delle alternative valide al raggiungimento degli obiettivi, realizzabili con quello che si è e che si possiede. Forse l’obiettivo può essere raggiunto gradualmente: invece di puntare subito al lavoro, si fa prima un campo di volontariato per mettersi alla prova in una situazione nuova. Il lavoro vero e proprio può essere preceduto da un corso di lingua : c’è così il tempo per acclimatarsi e mettere le prime radici in terra straniera, senza sentire subito alle spalle l’alito del fallimento.  © Riproduzione riservata